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La filosofia nasce dal desiderio di conoscere, insito nella natura umana e addirittura considerato un “bisogno” psicobiologico. Questo desiderio è uno stato emotivo complesso e profondo che nasce dallo stupore di fronte alla bellezza del mondo. Ma non si tratterebbe di desiderio e non accompagnerebbe gli esseri umani fin dalle origini della loro evoluzione se esso non fosse fonte di piacere, infatti, ogni acquisizione di conoscenza produce una sensazione di gioia sia quando si tratta di semplice percezione sia, a maggior ragione, quando consegue da una pura intuizione intellettuale, un’illuminazione dello spirito.

In realtà più che di gioia o di piacere si tratta di sollievo, quella sensazione di conforto che nasce dal fatto di aver allontanato, anche solo per un momento e anche solo per una infinitesima parte, la paura di vivere. Perché tutto quello che pensiamo e che facciamo nasce solo dalla paura, e ogni volta che ci illudiamo di aver acquisito una nuova conoscenza, ci illudiamo anche di aver migliorato la nostra autostima e il nostro controllo sulla realtà.

Secondo Aristotele, dato che la filosofia è attività disinteressata, non immediatamente utile alla risoluzione dei problemi della vita quotidiana, perché una civiltà sviluppi una riflessione filosofica è necessario che abbia risolto i più urgenti problemi legati alla sopravvivenza (come sosterrà quasi duemilacinquecento anni dopo Maslow proponendo la sua Piramide dei bisogni).

Anche il counseling filosofico è attività non immediatamente rivolta alla risoluzione di problemi legati alla vita quotidiana, come può essere la medicina o la psicoterapia, perché il suo scopo è quello di aiutare il singolo individuo a dare un senso alla sua vita attingendo alle sue personali risorse e individuando i suoi personali valori ed obiettivi. Questo perché nessuno può conoscere meglio una persona di se stessa, ma con l’avvertenza che la propria percezione e valutazione della realtà è sempre falsata dalle proprie credenze e convinzioni. Per questo motivo il counseling filosofico svolge una attività maieutica, la quale non consiste nel fornire verità e certezze al cliente sostituendosi ad esso nella valutazione di ciò che è giusto o sbagliato come fa la psicoterapia, ma favorendo la ricerca del significato della vita da parte del cliente stesso.

Socrate sostiene che compito del sapiente (il counselor, nel nostro caso) non è affatto quello di proporre affermazioni vere, ma favorire la nascita della verità nell’anima dell’interlocutore. Il lavoro che conduce a tale risultato, un vero e proprio processo di gestazione, prevede un metodo di ricerca basato sul colloquio individuale, sull’arte dell’ascolto e dell’obiezione e sul sistematico uso dell’ironia per sconvolgere le difese intellettuali precostituite.

Il counseling filosofico recupera, in chiave pratica di stile di vita quotidiano, il significato della filosofia nelle sue radici più profonde, per fornire, più che risposte, domande, insieme agli strumenti cognitivi utili perché ognuno possa dare una sua risposta ad esse. La vita è un mistero che affascina gli esseri umani da quando essi hanno raggiunto il traguardo della consapevolezza di sé e del loro rapporto col mondo. Da quel momento, gli esseri umani non hanno mai smesso di interrogarsi sul significato della loro esistenza e della vita in generale, chiedendosi perché esiste questo straordinario e terribile universo anziché il nulla.

La filosofia nascerebbe dal timore reverenziale e dallo sgomento, misto a curiosità, di fronte a qualcosa di inspiegabile, grandioso, che pare ci comunichi istantaneamente la presenza di qualcosa talmente al di là della nostra immaginazione e della nostra capacità di conoscenza e comprensione, da risultare inconcepibile per le nostre piccole esistenze. È la vista del mare o dell’oceano, specialmente per chi lo vede per la prima volta, è quella di un immenso ghiacciaio alpino, di un deserto o una steppa sterminata, oppure la semplice visione di un cielo stellato. Comunque, qualcosa che ci affascina ma che ci sovrasta incutendo una sorta di misterioso e inquietante timore reverenziale, come a ricordarci la nostra finitezza e i nostri limiti.

È di fronte a questo che gli esseri umani prendono due strade diverse: alcuni scelgono la sicurezza, per quanto illusoria, fornita dalla religione, la quale dà un nome a questo senso di inquietudine, ai suoi artefici e protagonisti, e ci conforta assicurandoci che, se qualcuno ha creato tutto questo, è sicuro che si prenderà cura di noi dopo la morte. Altri scelgono di pensare, anziché di credere, ossia di sfruttare una capacità che appartiene solo agli esseri umani, più evoluta di quella di reagire istintivamente a ciò che ci fa paura.

È solo da questo punto di vista che religione e filosofia differiscono, perché la motivazione per cui esse sono così diffuse da sempre è la stessa: il timore reverenziale, la consapevolezza che esiste qualcosa che non siamo in grado di spiegare. Il counseling filosofico non ha la stupida ambizione di fornire una risposta a questo interrogativo, naturalmente. Tuttavia, esso si propone di fornire strumenti cognitivi utili per vivere la nostra vita all’insegna del pensare, anziché del credere, in modo da rendere l’esistenza di tutti più utile e ricca di significato in termini di progresso e di benessere, rispetto alla modalità di concepire la vita come semplice perpetuazione di rituali e tradizioni.

Aristotele scriveva esplicitamente che gli uomini, partendo dalle domande più semplici, giunsero a interrogarsi su fenomeni sempre più complessi, fino a porsi questioni non più legate solo alla sopravvivenza e ai bisogni fisiologici, ma sulla Luna, il Sole e gli altri astri, a chiedersi da cosa è stato generato l’universo intero. Il senso della meraviglia di fronte a un cielo stellato è, ancora oggi, un’emozione intensa, nella quale si sente riecheggiare l’antico stupore e lo sgomento che ha segnato le migliaia di generazioni che ci hanno preceduto. Per milioni di anni l’umanità ha dovuto fare i conti, quotidianamente, con la durezza dell’esistenza quotidiana. Da pochi decenni, e soltanto per una parte della popolazione mondiale, questa esperienza di estrema fragilità e totale precarietà si è attenuata. Ma nel profondo del nostro essere sentiamo ancora quell’angoscia ancestrale.

È per questo che il counseling filosofico aiuta le persone a raccontare la loro esistenza ricercandone un significato che vada al di là della banale reazione agli ostacoli che la vita pone sul nostro cammino, cercando di trarre un insegnamento dalle proprie esperienze. Si tratta di un processo fondamentale che non può essere condotto da soli: siamo abilissimi a raccontarci quello che desideriamo che sia anziché quello che è e ancora più bravi a convincerci a credere nelle nostre illusioni rifiutando le opinioni contrarie. Il counselor svolge questo compito: quello di aiutare la persona a smettere di credere, almeno per la durata della seduta, e provare a pensare, ad accettare la realtà per quella che è, perché questo è l’unico modo per cambiarla a nostro favore.



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