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Quando qualcuno chiede aiuto è perché su un qualche piano, per una qualche ragione e in un qualche modo, sta soffrendo e non sa cosa fare.
Allora? Come aiutare chi sta soffrendo? All’inizio della nostra esistenza ci imbattiamo nel dolore. È già presente al momento della nascita, quando passiamo attraverso uno stretto canale e perdiamo il vissuto oceanico di totale protezione e soddisfacimento dei bisogni. In seguito tutta la nostra vita è costellata di momenti di dolore – fisico, emozionale, mentale – dolore proprio e dolore nel veder soffrire i nostri simili. Temiamo la vecchiaia e il dolore della decadenza, temiamo di perdere coloro che amiamo e l’avvicinarsi della nostra morte.

Ciò che causa il dolore varia nelle diverse tappe della vita, ma il vissuto del dolore, su un piano o su un altro, che ce ne rendiamo conto o meno, in pratica ci accompagna quasi sempre. Esso può assumere diverse tonalità, a seconda della ferita che lo provoca e a seconda della persona che lo sente. La risposta di ciascuno a un dolore può variare secondo la sua soglia di sopportazione, la sua sensibilità, la sua suscettibilità, la sua storia personale e la sua comprensione. L’obiettivo verso il quale dirigiamo il nostro aiuto è appunto quelle di approfondire la comprensione e agire di conseguenza, La gamma di fatti per i quali soffriamo è ampia e diversa.

Può essere una malattia molto grave che colpisce noi o un essere amato, un esame non superato che ci fa sentire incapaci, un senso di colpa per aver messo in una casa di riposo il proprio genitore, la perdita di un oggetto che ci è caro. In generale la sofferenza è legata ad una perdita, che può essere relativa a un amico, a un bene, a una parte del corpo o anche a un’illusione o all’idea che avevamo di noi stessi. Cosa hanno in comune tutte queste sofferenze? Che quello che ci succede non corrisponde a ciò che pensiamo sia bene, a ciò che dovrebbe essere, che è la felicità. In definitiva soffriamo quando capita qualcosa che non ci piace, che non ci aspettavamo e/o che rifiutiamo. A vole valutiamo la sofferenza dell’altro in base alla nostra scala di valori e pensiamo, per esempio, che soffrire per un oggetto perduto abbia meno importanza che soffrire per una malattia. Tuttavia nessuno può giudicare se un dolore è grande o piccolo, fino a che punto esso mette alla prova una persona, quale possa essere o quale sia la soglia di sopportazione. Un adolescente può suicidarsi “perche” ha preso dei brutti voti e teme la reazione dei suoi genitori, un imprenditore “perche” ha portato alla rovina la sua impresa: una donna “perche” è stata lasciata dal marito. D’altra parte un sopravvissuto ai campi di concentra mento e un bambino vittima di crudeltà possono sviluppare una risposta vitale che ci sorprende per coraggio e saggezza.


La psicologa positiva ha cambiato l’approccio verso le persone e si basa su studi scientifici seri, che ci dicono che cosa vuol dire stare bene e che cosa vuol dire essere felici,positivi e crescere come persone. La medicina classica e la psicologia hanno sicuramente adottato un metodo scientifico allo studio dell’essere umano sotto diversi profili, ma l’hanno sempre fatto tenendo  il punto di partenza orientato alla patologia. La medicina in un certo senso è tutta costruita attorno alla diagnosi e alla malattia, tant’è che la OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità è molto chiara su questo e ci dice che la salute non è solo assenza di malattia, ma un raggiungimento generale di benessere. Insomma, La persona non coincide con la sua malattia. La psicologia Positiva studia tutti quegli elementi che ci aiutano a potenziare la nostra salute e a mantenerci bene sia fisicamente, che spiritualmente.

Ci sono varie scuole di pensiero ma la psicologia positiva nasce dagli studi del ricercatore Martin Seligmn, ma ci sono tante altre ricerche anche recenti che hanno studiato e studiano il fenomeno. Ci sono dati che ci aiutano a capire sul piano scientifico che cosa vuol dire essere felici, capirlo significa anche sviluppare delle metodologie e degli approcci pratici per aiutare le persone ad andare verso un grado di felicità più alta.

Fino a pochi anni fa, questo poteva sembrare una cosa fantasiosa e poco scientifica, ma non lo è affatto. Non sostengo che esista la ricetta magica  o la pillola miracolosa per arrivare in un istante alla felicità assoluta. Forse non esiste neanche il concetto di felicità assoluta, non è nemmeno così importante. Quello che è certo è che oggi sul piano scientifico e pratico, si può o provare a essere  ogni giorno un pò più felici, sebbene ciò che emerge attorno all’idea di felicità sono purtroppo tanti miti che continuano a influenzare i nostri comportamenti. Il più grande e importante è che la felicità si trovi all’esterno, che possiamo raggiungere o che possiamo addirittura comprare. Tutta la ricerca si orienta invece a dirci che non è cosi, non e una stato ma un’abitudine che si pratica e quindi straordinariamente la scienza conferma delle cose che in ambito spirituale religioso si erano capite moltissimo tempo fa. Si pensi all’approccio alla vita delle grandi religioni diverse nel mondo o degli approcci comunque filosofico spirituali. Si arriva sempre lì, la felicità è qualoca che appartiene a te e che devi costruire.




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