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Viviamo in un periodo storico dove molti di noi si rendono ormai conto come le religioni formaliste, o ‘organizzate’ siano attive forze esterne o assolutiste della nostra cultura, nel momento in cui pretendono dai loro membri il conformarsi ciecamente ai pregiudizi etnocentrici, alle rigide tradizioni, ai riti più o meno complessi o ad altri generici ‘codici’ che dovrebbero stabilire come ogni individuo deve condurre la propria vita. Per non parlare quando pretendono di insegnare alla gente una dubbia moralità. A volte risultano addirittura pericolose, in maniera catastrofica, come quando promuovono cacce alle streghe, guerre religiose, terrorismo e la discriminazione delle donne.

L’ironia di questa coscienza quasi universale è che i più assolutisti tra i cattolici dicono, parlando dei musulmani, che sono tutti dei pazzi estremisti, incapaci di pensare con la propria testa e che seguono ciecamente le imposizioni dei loro ayatollah, mentre la maggior parte dei protestanti assolutisti sostiene praticamente le stesse cose dei cattolici. La maggior parte degli ebrei assolutisti dirà lo stesso di tutti i cristiani ed i più assolutisti tra i musulmani ripeteranno le stesse frasi per tutti i popoli di tradizione giudaico-cristiana o induista. A questo punto, probabilmente, soltanto il Buddha potrà dire l’ultima parola (a meno che non sia troppo impegnato a piangere, perché molti dei ‘cosiddetti buddisti’ sono diventati orientati a concentrarsi sulla sofferenza, piuttosto che promuovere il benessere del ‘qui e ora’). Tutte le religioni, chi più, chi meno, si basano su un concetto che non potrà mai essere né confermato, né smentito: vivi la tua vita nel modo che ti diciamo noi e avrai la tua ricompensa dopo la morte, altrimenti verrai punito.

Forse bisognerebbe prima di tutto chiederci se il nostro Dio (qualunque sia e ammesso di credere in un Dio) crede in voi. Se crede che possiate essere dei pensatori indipendenti, con un cervello funzionante e che possiate comportarvi in modo coerente con le più alte regole morali. Chiedetevi inoltre se la vostra religione è un’esperienza bella e personale. Se scoprite che considerate la vostra religione soprattutto esteriormente per quanto riguarda l’insegnamento e l’orientamento, ricordate che alcune delle peggiori ingiustizie inflitte agli esseri umani, come già detto, sono state perpetrate proprio nel nome della religione e che, soprattutto, la religione deve essere internamente e personalmente una delle forze più significative della vostra vita: ammesso che riesca a migliorare il rispetto di voi stessi e ad esercitare il vostro libero arbitrio.

Ricordate che tutti siamo nati con un forte senso di spiritualità che è accesa in noi come una fiammella, mentre le religioni sono delle infrastrutture create dagli uomini per legare le persone. Non sto dicendo che seguire una religione sia sempre uno sbaglio, dico di meditare su questo e di non comportarci come degli automi programmati.

Infatti, è evidente purtroppo come molti individui vengano manipolati dal sistema di premi e di segnali esterni che, come detto, tendono a sopprimere il potenziale di felicità e di crescita. La mia riflessione mi porta al fatto che probabilmente vivremmo meglio e seguendo la nostra natura se decidessimo di esplorare, di esprimere e, soprattutto, di affidarci alle voci interiori e agli impulsi, che sempre cercano di guidarci secondo la nostra intuizione, senza censure o repressioni da parte nostra o di chiunque altro.

Diogene, il filosofo greco, diceva ad Alessandro Magno che l’unica cosa che il grande conquistatore poteva fare per lui era di togliersi dalla sua luce. Parafrasando, potremmo dire: «Il meglio che possiamo fare per gli uomini e per le donne creativi è di allontanarci dalla loro luce».

Considerate la seguente analogia. Un gruppo di persone è stato paracadutato in una foresta nel cuore della notte ed ognuno ha una lanterna. Immaginate che non siano in pericolo, che non ci sia nessuna particolare ragione di stare uniti e che siano li solo per divertirsi a girovagare fino al mattino, quando saranno nuovamente raccolti, in qualsiasi punto si trovino. Quanti terranno alzata la loro lampada per illuminare in tutte le direzioni in modo da esplorare i luoghi che li colpiscono maggiormente? Quanti si porteranno automaticamente dietro agli altri, tenendo le loro lanterne abbassate, in modo da illuminare esclusivamente il terreno e le schiene di coloro che stanno seguendo? Quanti diranno: «La prima cosa da fare è di organizzarsi. Mario è quello che conosce meglio questi boschi, quindi seguiamo lui». Quanti diranno: «Bene, tutti dietro di me, in fila indiana, un, due, un, due»? Quanti invece diranno: «Ma cosa diavolo? Ho voglia di andare da quella parte e se qualcuno vuole venire, camminiamo uno di fianco all’altro, sparpagliamoci in modo da illuminare quanta più foresta è possibile e scoprire più cose. Se qualcuno trova qualcosa di interessante, chiami gli altri e andiamo tutti a vedere?». Insomma, quanti vorranno seguire la propria luce e quanti vorranno rimanere nella propria luce, ovvero bloccare la potenzialità della luce con le schiene degli altri?

Lascio a voi decidere che tipo di persona volete essere. Naturalmente non è da adesso che avete l’occasione per farlo, ma probabilmente non avete mai pensato che dovevate deciderlo da soli. Probabilmente parecchie volte o la maggior parte delle volte, vi siete messi in fila, convinti che il tipo che stava in testa sapesse dove tutti gli altri dovevano andare. Io per primo ho fatto lo stesso. Se è così, dobbiamo tutti meditare. Noi diciamo di amare e di volere la libertà, ma troppo spesso limitiamo esternamente quello che è la libertà stessa. Raramente ci impegniamo per un’intera vita ad inseguire l’esaltante esperienza di libertà personale a cui soltanto la nostra luce ci può condurre.

Naturalmente vogliamo essere buoni membri della nostra famiglia, amanti soddisfatti, cittadini responsabili ed impegnati in lavori importanti per migliorare la qualità della vita per noi stessi e per tutti gli altri (senza fare del male a nessuno, si intende). Eppure, godere la vita, vivere la libertà ed inseguire la felicità in tutte le aree, dipende solo da noi e inizierà nel momento in cui incominceremo ad imparare ad affidarci ai nostri segnali interiori. Come scrisse Platone: «L’uomo che riesce a costruire qualcosa che lo conduce alla felicità si affida a se stesso e non agli altri uomini, perché ha adottato il modo migliore per vivere felice». Parole semplici e precise di alcune migliaia di anni fa, che risultano ancora semplici e opportune al giorno d’oggi e che possono essere tradotte con: abbiate fiducia in voi stessi.



Fonte: UNIPSI 2021


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